Romanzi

Il visconte dimezzato

Il visconte dimezzato di Italo Calvino.

Il visconte Medardo di Terralba viene colpito da una palla di cannone durante una crociata e si ritrova solo con la parte destra del suo corpo. Tornato al suo paese inizia a comportarsi in modo crudele, instaurando un regime di terrore. Nel mentre si scopre che anche la metà sinistra è riuscita a sopravvivere e, diversamente da quella destra, nutre sentimenti buoni: l’unica cosa che hanno in comune le due metà è l’amore per Pamela, perciò per decidere chi potrà sposarla si sfidano a duello. Le due parti si feriscono a vicenda, quindi poi vengono ricucite e riunite.

Entrambe le iperboli di malvagità e virtù rappresentate dalle due metà del conte sono insopportabili agli occhi dei paesani e sono giudicate ugualmente disumane, invece ciò che è considerato davvero umano in questo libro è l’incompletezza. Infatti, non solo il visconte ma tutti gli uomini sono mutilati e mancano di qualcosa.

O Pamela, questo è il bene dell’essere dimezzato: il capire d’ogni persona e cosa al mondo la pena che ognuno e ognuna ha per la propria incompletezza. Io ero intero e non capivo, e mi muovevo sordo e incomunicabile tra i dolori e le ferite seminati dovunque, là dove meno da intero uno osa credere. Non io solo, Pamela, sono un essere spaccato e divelto, ma tu pure e tutti. Ecco ora io ho una fraternità che prima, da intero, non conoscevo: quella con tutte le mutilazioni e le mancanze del mondo.

In una lettera a Salinari del ’52 l’autore chiarisce il concetto di dimezzamento: la figura di Medardo è spezzata in modo semplice attraverso la classica spaccatura tra bene e male, per evidenziare al meglio il problema dell’uomo contemporaneo che si ritrova diviso, cioè incompleto. Tuttavia i veri dimezzati del racconto sono i personaggi di cornice, che sono considerati da Calvino “alienati” nella loro realtà e rappresentano quelli che l’autore definisce i suoi “ammicchi moralistici”: i lebbrosi sono gli artisti decadenti, il dottore e il carpentiere sono la scienza e la tecnica separate dall’umanità, gli ugonotti sono l’ironica allegoria della famiglia dell’autore.

Personalmente, questo breve libro mi è piaciuto molto per l’importanza del tema che affronta e il modo in cui esso è stato trattato: la narrazione basata sui contrasti e il punto di vista di un bambino senza nome, nipote di Medardo e orfano, fanno divertire ma allo stesso tempo riflettere. Lo stesso autore ribadisce i due effetti del suo libro in un’intervista del 1983 fatta da alcuni studenti di Pesaro.

Quando ho cominciato a scrivere “Il visconte dimezzato”, volevo soprattutto scrivere una storia divertente per divertire me stesso, e possibilmente anche gli altri; avevo questa immagine di un uomo tagliato in due ed ho pensato che questo tema dell’uomo tagliato in due, dell’uomo dimezzato fosse un tema significativo, avesse un significato contemporaneo: tutti ci sentiamo in qualche modo incompleti, tutti realizziamo una parte di noi stessi e non l’altra.

intervista dell’11 maggio 1983

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2 pensieri riguardo “Il visconte dimezzato

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