Il mondo nuovo di Aldous Huxley.
Il romanzo è ambientato in una società in cui l’efficienza della produzione in serie ha rivoluzionato la vita di ognuno: i sentimenti e i rapporti affettivi sono eliminati, la procreazione avviene in provetta e la terribile divisione in classi sociali non genera ribellioni, perché indotta in tenera età attraverso il condizionamento psicologico. Tuttavia, a causa di un errore durante la sua creazione, il protagonista Bernard è diverso da tutti gli altri personaggi: preferisce stare solo e non trova gusto nel distrarsi con il soma, una droga che rende allegri e mai inquieti. A causa di questa profonda differenza si innamora di Lenina e la invita a visitare la terra dei selvaggi, coloro che vivono estranei alla civiltà del loro mondo. Al ritorno si unisce a loro John, un selvaggio mai ritenuto tale dai suoi compagni perché nato da una madre proveniente dal mondo civile: inizialmente viene profondamente colpito dalla novità della nuova società, ma il suo entusiasmo scompare nel momento in cui si accorge della superficialità della gente e dell’illusione felice in cui essa vive.
Fin da subito si notano alcune crepe dell’apparente utopia narrata nel libro. Il lavaggio del cervello a cui i bambini sono sottoposti porta a una vita priva di scelte, perché ogni decisione compiuta da una persona era già stata presa dal governo ancora prima che questa venisse al mondo, persino la scelta del luogo in cui trascorrere le vacanze estive. Di conseguenza, nella società che all’apparenza può sembrare perfetta, in realtà nessuno è davvero padrone di sé stesso. Inoltre, uno dei punti a favore della società di cui si racconta è l’assenza di odio tra le persone: non ci sono scontri verbali o fisici e tutti sanno stare al proprio posto. Però, se non c’è odio non c’è neanche amore: i rapporti affettivi di qualsiasi genere sono rimossi perché d’ostacolo al quieto vivere. Perciò, sembra che ciò che caratterizza l’uomo come individuo intralci e sia scomodo a una società stabile e utopica, ma allo stesso tempo l’assenza di scelte, rapporti veri e l’allegria forzata dall’assunzione di droghe porta a una felicità illusoria, quindi a una finta utopia. Tuttavia, è davvero così semplice rifiutare questo tipo di felicità? Non essere mai inqueti, non farsi troppe domande, non soffrire più: se ci si pensa, è un’alternativa allettante quanto rischiosa.
Ho trovato il libro scorrevole e interessante, ma i personaggi mi hanno lasciata un po’ perplessa. Bernard è il primo ad accorgersi di ciò che è sbagliato nel mondo in cui vive, ma non ha la forza né la voglia di agire: appena ha l’occasione cerca di adattarsi e spiccare nella società che non lo ha mai accettato. Invece, credo che l’unico che veramente sia riuscito a cogliere il dramma di questa civiltà quasi perfetta sia John, perché non appartiene né al mondo civile né a quello selvaggio e la sua passione per Shakespeare gli fanno desiderare una vita meno superficiale e dei rapporti più veri. Comunque il mio giudizio è positivo e lo consiglio innanzitutto agli amanti del genere, perché avendo letto prima 1984 mi sono interessata molto al paragone tra i due libri. Poi lo suggerisco anche a chi non si cimenta spesso nei distopici perché non la ritengo una lettura pesante né difficile, sebbene sia ricca di significato.
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